venerdì 25 novembre 2016

Capitolo X - People fall in love in mysterious ways

Ventuno marzo duemilaquindici. Il giorno tanto atteso. Non so neanche cosa ho fatto in classe, se ci sono stati compiti o interrogazioni. La mia mente è altrove, nel mondo delle Idee – Platone sarebbe fiero di me – per cercare ispirazione. Creo i migliori discorsi nella mia mente. “Francesca, scusami, dovrei dirti una cosa: ho notato in questi giorni che con te mi trovo davvero bene, è come se con te tutto vada nel verso giusto,  mi piaci tanto. Ti fidanzeresti con me?
No, no, troppo diretto. Poi, quello “scusami” iniziale; troppo formale. Non so come dirglielo. Non so se dirglielo. Le sue amiche mi hanno consigliato di farlo, ma non so se sono pronto. È ora di raggiungerla a Corato, entro in treno. Il cuore batte alla velocità della luce, è come se avessi bevuto cinque caffè dello studente. Per distrarmi, penso ai SelfieOfTheDay, al fatto che dovrei farne uno oggi. Poi mi ricordo che l’ho già fatto in mattinata.



Francesca torna nella mia mente, si fa strada con prepotenza e domina incontrastata il mio corpo per l’intera giornata. Sono a Corato. La vedo. Ci salutiamo. Iniziamo a camminare, all’inizio c’è un po’ di ansia, molta timidezza. Non parliamo tantissimo, la conversazione migliore riguarda le condizioni atmosferiche favorevoli all’averci fatto uscire. A volte lei esce il telefono; è quella la parte più brutta. Quando qualcuno, durante una conversazione, estrae il telefono dalla tasca, possono accadere due cose: o si sta annoiando oppure deve avvisare qualcuno della sua attuale condizione. Nel dubbio, io opto sempre per la prima.
Passata la prima mezz’ora, la timidezza lascia spazio al coraggio. Parliamo di molti argomenti, più volte ho l’occasione di parlarle del mio argomento principale, ma esito troppo e perdo l’attimo. Poi mi ricordo di ciò che mi aveva detto qualche ora prima su WhatsApp: “Comunque, io ho bisogno di tornare per le 20:30 oggi”. Controllo l’orologio: parlando parlando, sono le 20:00. È il momento, siamo vicini al Municipio.
-Ehi Francesca, perché non andiamo a sinistra invece di continuare sul corso?
-Ma così andiamo verso la periferia!
-Vabbè, almeno scopro nuove zone di Corato, potrebbe sempre tornarmi utile.
Ci addentriamo nelle strade meno abitate di Corato, ogni tanto le chiedo di svoltare; prima a sinistra, poi a destra, poi nuovamente a sinistra. Eludiamo chiunque abbia deciso di seguirci, non c’è nessuno intorno a noi. Il caos del centro città ha lasciato posto al promettente silenzio dei vicoli. Mi fermo sul marciapiede di scatto, il mio discorso è pronto. Almeno, credo.
-Francesca, devo dirti una cosa.
Lei si ferma, mi guarda spaesata e forse un po’ impaurita. Quel volto, quell’espressione così misteriosa, quel corpo irrigidito mi fanno dimenticare di colpo tutto; ormai ho richiamato la sua attenzione, devo parlare.
-Ti sarò sincero: avevo preparato un super discorso per questo momento, uno di quelli emotivi e simpatici al punto giusto. Guardandoti ora, me ne sono completamente dimenticato. Vado dritto al punto: mi piaci. Mi piaci tanto Francesca.
Il suo volto cambia completamente espressione; le labbra si aprono, le sopracciglia si alzano, il corpo tenta di irrigidirsi ulteriormente e al contempo di fuggire da quella situazione.
-Ora, non voglio che tu risponda a queste mie parole, io volevo solo che lo sapessi. Quando vorrai, se vorrai, potrai dirmi se ricambi o meno. A prescindere da tutto, non me la prenderò. Certo, vorrei saperlo, ma se non te la senti, aspetto. Niente, tutto qui.
Stupido, stupido Marco. Sei stato diretto, invasivo, arrogante. Hai sbagliato tutto. E che significa poi “non voglio che tu risponda alle mie parole”? Hai sbagliato tutto. Vattene, ricomincia a camminare, hai sbagliato tutto.
Immerso in questi pensieri negativi, mi giro e riprendo a camminare.
Hai sbagliat..
-Anche tu mi piaci, provo la stessa cosa per te.
Mi fermo nuovamente. Ho compiuto un passo e mezzo, ma sembra che mi sia passata davanti un’intera vita. Mi giro, la guardo. Ha gli occhi lucidi, è perplessa, nessuno dei due sa cosa succederà ora. Mi avvicino a lei, mi abbasso. Sfioro le sue labbra, chiudiamo entrambi gli occhi. Stop. Ci guardiamo e sorridiamo entrambi. La bacio di nuovo. Per due volte, le nostre labbra si sono sfiorate.
Ricominciamo a camminare, stavolta mano nella mano, stavolta con le dita intrecciate. Lei mi guarda, tutto d’un tratto mi sembra di conoscerla da sempre.
-E ora che succede?
-Non lo so. Ora siamo fidanzati.
-Wow, è una parola che mai avrei immaginato di dire.
-Per ora teniamola come cosa ufficiosa, non lo diciamo a nessuno. Vediamo come si evolve la relazione; quando saremo pronti lo diremo agli altri.
-Sì, buona idea.
Ora Marco e Francesca sono una cosa sola. Ci incamminiamo verso il tramonto, pronti ad affrontare l’Universo. Stavolta, siamo in due.

venerdì 18 novembre 2016

Capitolo IX - Take me out, tonight



[N.b.: tutti i messaggi sono copiati da WhatsApp, non sono stati modificati in alcun modo]

Quindici marzo duemilaquindici. Il giorno della “prova del nove”. Mi sveglio e decido di non scrivere a Francesca; io ho il suo numero di telefono, lei ha il mio. Se mi contatta lei, bene, sennò niente, si è già dimenticata di tutto. Faccio colazione. Niente. Mi vesto. Niente. Esco di casa, faccio il solito giro della domenica, niente. Torno. Sento l’inconfondibile suono delle notifiche di WhatsApp.
1 nuovo messaggio – Francesca Lanera
- Buongiorno!!! 😊
- Buongiorno 😄 Ho catalogato un po' le foto; alcune sono proprio belle! *-*
- Lo so!!! 😍 Ci divertimmo un sacco!!!
- Infatti!
- Tutto il giorno sono stata a ricordare i momenti della gita
- Madò, anche io, ricordo i momenti della gita e penso "come sarebbe andata se avessi fatto questo?"
- Ehh.... è vero!!! Purtroppo è tutto finito!!
- Che peccato.. Però noi continuiamo a vederci 
- ASSOLUTAMENTE SI!!😚 Sempre !!!

Questa è la nostra prima conversazione su WhatsApp.
Alle 21:27 ricevo una foto e un suo messaggio; prontamente le invio una foto di risposta:

 
-Lo tengo sempre al braccio 💓
-Non sei l'unica 💓



La settimana procede con un ritmo più o meno costante: interrogazioni, compiti in classe, SelfieOfTheDay - riporto qui solo alcuni dei selfie della settimana, gli altri sono tutti nell'album apposito su Facebook -, la vita di tutti i giorni, con una sola differenza. La ricreazione non la passo più in classe, sono sempre con Francesca. Parliamo tantissimo, scopriamo le nostre personalità, scaviamo nelle nostre vite. 
  
Decidiamo di uscire insieme, giovedì 19 marzo. Sono agitatissimo già dalla mattina, non so se parlarle di cose più profonde di una semplice amicizia o no. Non ne parlo con nessuno, o quasi. Il karma, però, decide che non possiamo uscire di giovedì. Cause di forza maggiore volgono la mia attenzione verso Akyra, il setter irlandese della famiglia. Passo l’intero pomeriggio a casa, ma i discorsi con la signorina – ormai la chiamo così, da quando mi ha detto che le piace se la chiamo signorina – non mancano.
-Sai che ci sarà un’eclissi di sole parziale domani mattina?
-Sì sì, lo so; vorrei tanto vederla, lo sai che mi affascinano queste cose
-Anche a me affascinano molto, quindi nel momento di massima eclissi verrò a chiamarti e ti farò uscire!
-Non che io non voglia, ma.. proprio in quel momento la professoressa di matematica dovrebbe interrogare ed è probabile che mi interroghi. Facciamo che chiedo io di uscire quando capirò se c’è l’eclissi, sai, per non rischiare
-Come vuoi; io chiederò di uscire e basta, non posso permettermi di perdere uno spettacolo del genere
-Che se non la vediamo domani dobbiamo aspettare il 2026!
-E il 2026 è troppo lontano ahaha
-Già! Tu pensa: fra 11 anni.. chissà cosa saremo diventati 😍
-E tutto questo a causa di una gita, anzi, di Cards Against Humanity ahaha
-Ahahahaha […] sai, io non sarei dovuta venire in gita..
-No??
-All’ultimo momento poi i miei decisero di mandarmi, e per fortuna, altrimenti non ti avrei mai conosciuto!
-Non voglio neanche pensarci! Dove posso trovarla domani, signorina?
-9s, caro 😍
-Perfetto, a domani allora!
Venti marzo duemilaquindici. L’eclissi la vedo in diretta uscendo tatticamente durante l’ora di inglese. Il professore ci vieta di uscire per l’eclissi; io per tutta risposta nascondo le lenti oscurate sotto la maglia e chiedo di andare in bagno. Incrocio Francesca, uscita prima di me, mentre torna in classe; la loro professoressa è molto nervosa, non può tornare a vedere l’eclissi con me.


Ci organizziamo per uscire il giorno dopo; è sabato, io non dovrei rimanere di nuovo a casa – salvo imprevisti – e non ci sono problemi per le materie da studiare per il giorno dopo. Passo l’intera serata a pensare a cosa potrei dirle; una delle sue amiche mi ha consigliato di farmi avanti, di rivelarle tutto. Non dovrei avere problemi. Nonostante tutto, non so come dirglielo. Non riesco a dormire, mi giro e rigiro nel letto immaginando le situazioni più disparate. “E se mi dice di no?” “Se poi non vorrà più vedermi?” “Se mi blocco nel discorso?”
Immerso nei pensieri, mi addormento. Spesso, preparare un discorso non aiuta. Certe cose bisogna viverle d’istinto, non prepararle nell’arco di mesi. Imparerò questa lezione tra meno di ventiquattro ore.

domenica 13 novembre 2016

Capitolo VIII - We found love in a hopeless place


Quattordici marzo duemilaquindici. Tutte le cose belle finiscono, oggi è l’ultimo giorno di questo viaggio di istruzione che si candida a migliore gita della mia vita. Prima di tornare verso casa, però, c’è un’ultima tappa: il Vittoriale, complesso di edifici, piazze, giardini e corsi d’acqua legato alla figura di Gabriele D’Annunzio. Ho sempre trovato particolarmente affascinante la figura di D’Annunzio – all’anagrafe d’Annunzio – e in particolar modo sono estasiato dal suo lato poetico. La pioggia nel pineto, per citarne una fra tante.


Il viaggio è abbastanza tranquillo, procede senza intoppi. All’arrivo, presso l’entrata del Vittoriale, scopriamo che la visita del complesso non ha un itinerario prestabilito né una guida, mentre per entrare nella casa di D’Annunzio, gli alunni sono stati divisi in gruppi da quattro – in base ai biglietti e, quindi, all’ordine alfabetico – e possono entrare ogni mezz’ora con una guida; il tragitto interno dura circa un’ora. La mia classe non ha voluto aderire alla spesa per entrare nel Vittoriale, in fase di preparazione del programma del viaggio. Ci ritroviamo solo io e Francesco a staccare i biglietti per la casa di D’Annunzio.
Mi avvicino a Francesca.
-Che biglietto hai?
-Lettera D, sono nel quarto gruppo quindi. Tu invece, l’hai preso per ultimo, che lettera hai?
-Lettera P.
In quel momento arriva l’idea geniale; quando hai bisogno che qualcosa vada nel verso giusto, non puoi lasciare tutto nelle mani del fato. Ci vuole un pizzico di tattica.
-Tu vorresti entrare con qualcuno in particolare, o ti trovi bene nel gruppo D?
-Io vorrei entrare con Mariateresa, ma non abbiamo la stessa lettera..
-Perfetto, allora un attimo, devo fare una cosa.
Dopo circa venti minuti di compravendita, il gruppo L è formato da me, Francesco, Francesca, Mariateresa. Ho proposto scambi su scambi, ho stravolto tutti i gruppi, ma alla fine ce l’ho fatta. Posso anche visitare l’intero Vittoriale con Francesca, senza incompatibilità di orari.
-Poniamoci un obiettivo, tutti e quattro. Dato che quest’anno scatto selfie a non finire, dobbiamo scattare un selfie in ogni posto carino che troviamo! Ci state?



Arrivati nei pressi di una delle strutture del Vittoriale, scorgo un cartello che indica “I bambini devono procedere accompagnati dai genitori”, con la figura di un bambino che tiene per mano un adulto. Guardo Francesca.
-Guarda, là dice che i bambini devono andare mano a mano con gli adulti. Tu sei piccola e indifesa, devi darmi la mano, questioni di sicurezza.
Mi porge la mano. Non mi sarei mai aspettato una mossa del genere. Per trenta secondi camminiamo mano nella mano, per trenta secondi io non capisco più niente; intorno a me non esiste più altra gente, non esiste più il Vittoriale, non esiste l’Universo. Sto provando una sensazione che era sepolta negli angoli più remoti del mio cuore.
Ci riprovo ad un altro cartello uguale. Stavolta però cerco di intrecciare le mani, incastrando tra loro le mie dita e le sue. Lei prontamente toglie la mano.
-No Marco, così no.
Passo la mezz’ora successiva a maledirmi. Lo sapevo, ho superato una soglia a cui non mi sarei dovuto avvicinare. Ho rovinato tutto, ora tornerò alla solita vita di tutti i giorni. Sono un deficiente, sono un..
-Marco, guarda, c’è di nuovo quel cartello. TI devo dare la mano.
Mi sorride. Ci teniamo per mano per molto più tempo rispetto a prima. Sono a dir poco euforico. Probabilmente sono stato anche un po’ lunatico, nell’ultima ora.
Entriamo nella casa di D’Annunzio, veniamo ulteriormente a conoscenza dell’eccentricità del poeta, ci presentiamo a Carolina, la tartaruga imbalsamata che faceva le veci del Vate durante le cene. C’è anche un momento in cui io sono dietro Francesca e la sto abbracciando, e lei è appoggiata a me. Ne ho un ricordo molto vago, l’alchimia ci ha portato in una situazione utopica, fuori dal mondo.
Finiamo il nostro giro, aspettiamo gli altri gruppi, poi ci avviamo verso il pullman. Per l’ultima volta. Il Fato – dove per Fato intendo le amiche di Francesca, che hanno capito tutto di me – vuole che Francesca si sia seduta da sola; il viaggio di ritorno lo passo tutto accanto a lei; parliamo per tutto il tempo di tante cose, ci conosciamo in modo più approfondito, poi giochiamo a carte e lei, per questioni di spazio, si siede in braccio a me. Erica scatta una foto di nascosto; è mossa, ma rende l’idea della situazione.



Carico il SelfieOfTheDay prima che sia troppo tardi.



Finito il viaggio, la prima tappa è Corato. Prima di scendere, Francesca mi guarda e mi dice “La nostra amicizia non finisce qui”. Non dimenticherò mai quella frase. Ho vissuto i quattro giorni più belli della mia vita; lei non ha capito le mie intenzioni, ma poco importa. Io sono stato benissimo con lei, ho conosciuto persone nuove e mi sono divertito un mondo. Ho tanti ricordi, tanti cimeli di attimi vissuti con lei. Le foto in primis, ma anche gli sguardi, i sorrisi, i contatti. Siamo in perfetta sintonia, ma ancora non ce ne rendiamo conto entrambi. La adoro.
Probabilmente, “La adoro” non l’ho solo pensato, ma l’ho detto. Non a voce troppo alta, ma abbastanza da permettere ad altri di sentirlo. Altri che con Francesca hanno un rapporto stretto. Mi guarda e sogghigna. Spero non vada a riferirlo, ma nel frattempo, non c’è nulla che possa distogliermi dai miei cimeli. Me li sono guadagnati tutti, vivrò di quegli attimi. I nostri attimi.