Ho preso piena consapevolezza dei cinque anni passati solo poco tempo fa. Mi ero ripromesso di scrivere qualcosa sul mio percorso nel Liceo, e ho sempre posticipato questa promessa, per poter sempre più restare in un luogo che ormai conosco in ogni suo angolo, in ogni sua (im)perfezione. Come ogni storia che si rispetti, anche questa ormai è finita. Sono entrato per l’ultima volta nel Liceo in qualità di studente, ne esco con un voto che conclude il mio percorso. Un percorso segnato da molti, troppi eventi. Dieci materie, ognuna sviluppata in modi diversi.
ITALIANO: una professoressa per tutti i cinque anni. Un percorso travagliato in questa materia, un frutto che mai riusciva a sbocciare. Alti e bassi che si susseguivano costantemente. Un “puoi fare di meglio” che mai si riusciva a concretizzare. Alla fine, la dimostrazione che in cinque anni si creano pregiudizi; il riscatto. La funzione che rappresenta l’italiano è data da y=sin(x) nell’intervallo [0;9π/2], con un contorno di tante, tante fotocopie (un calcolo ottenuto tramite ragionamento induttivo mi suggerisce circa 2000€ spesi nei cinque anni da tutta la classe).
LATINO: cinque professori solo nel primo anno, una al secondo, una al terzo, una per quarto e quinto. Cambi su cambi; il mio tallone d’Achille. Il primo compito di Latino della mia vita non lo scorderò mai; una versione perfetta, voto nove. Collaborazioni a parte, pensai “ah però, questo Latino che sembrava tanto ostile forse non è così male.” Ancora non conoscevo la terza declinazione; da quel momento, decisi di instaurare un rapporto diverso col Latino. La grammatica poi non lasciò spazio alla letteratura; alle versioni prese da Cassius (grazie Cassius, sei stato il mio migliore amico nei compiti a casa!) si aggiunsero altre fotocopie (vedi sopra), alle versioni in classe (qui Cassius lasciava spazio alla mia personalissima interpretazione) si aggiunsero le domande di letteratura; non scorderò mai il testo bucato che si presentava così: “la sua poetica si fonda su _______________: il _______, la _________________________________ e _________.” Simbolica anche una delle domande riguardanti Seneca: abbiamo svolto tre compiti su quell’autore, e una domanda riguardava un approfondimento in fotocopia riguardante il giudizio critico della Zambrano (un critico a me sconosciuto). In cinque anni, ho lasciato una sola risposta completamente vuota, ed era proprio questa relativa alla Zambrano. Lei è la mia nemica numero uno. Il grafico? y=|(5/4)*(x^2)-5x|.
MATEMATICA: una professoressa per il biennio, uno per terzo e quarto anno, una al quinto. Amore per sempre, la matematica. Non smetterò mai di ringraziare i professori per ciò che hanno fatto per me, per permettermi di diventare chi sono oggi. La matematica, e in particolare la logica, è un pezzo di me. Sono cresciuto con la matematica, materia che ho portato come tema portante anche per la tesina di fine anno. Inizio e concludo con la matematica; alla fine, parliamo comunque di un Liceo Scientifico! La passione per tutto ciò che nel mondo c’è di matematico, le cose più strane, più particolari. Il semplice pi greco, che tutti usano, nasconde al suo interno infinite successioni di numeri. Ed è tutto all’interno di un semplicissimo cerchio. La successione di Fibonacci, 1;1;2;3;5;8;13;21;34;55;.., che regola anche il numero di petali di un fiore. La congettura di Goldbach, l’identità di Eulero, il numero aureo, tutto contribuisce a creare un ordine quasi magico, ma sorretto da rigide regole. Amore a prima vista; potrei aggiungere tante altre cose, ma mi fermo qui; “dai tempo al tempo”. y=(e^x)-1.
FISICA: una professoressa il primo anno, una il secondo e il quinto, uno per terzo e quarto anno. Stesso discorso fatto per la matematica, ma senza corsi esterni che mi hanno portato in alto. Stessa passione che continuerà anche dopo il percorso all’interno del Liceo, soprattutto per quanto riguarda la teoria della relatività e l’universo. In questo caso, il percorso è stato molto lineare; y=x.
STORIA e FILOSOFIA: una sola professoressa. Analizzo solo il triennio, dato che la filosofia è introdotta solo dal terzo anno. Di storia non parlo, è una materia sempre uguale, non mi piace molto, tranne quando partono gli spunti di riflessione. Ce ne sono stati davvero tanti, negli ultimi anni, e li abbiamo affrontati tutti. “La filosofia è la riflessione critica e razionale della realtà”; un grandissimo ringraziamento alla nostra professoressa, davvero. Le sue ore sono volate, sono state anche molto istruttive. Pienamente soddisfatto, per quanto riguarda queste due materie; tra un “lui è un affabulatore, anche se non sa la risposta riesce a dialogare e girarci intorno fino a quando non azzecca il punto centrale della questione” e un “ma quanto sei stato bravo! Ti posso adottare?”, la funzione che definirebbe queste materie è sicuramente y=arctan(x), nell’intervallo [0;+inf[.
INGLESE: una professoressa il primo anno, uno per il tempo restante. Mi sono innamorato della letteratura inglese, grazie anche alle lezioni intervallate da stacchetti musicali (culturalmente sempre alti), alle letture di poesie, alle discussioni personali (soprattutto nell’ultimo anno). Durante le lezioni, la classe era sempre silenziosa; il perché lo lasciamo ai posteri. Sfortunatamente, anche in questo caso ho portato avanti un voto fisso (non basso, per carità), che poi è arrivato al massimo in sede d’esame. Eppure, giuro, non ho studiato in modo diverso per la maturità, anzi! In ogni caso, qui la funzione la definirei come y=(1-x^2)^2+1, sempre nell’intervallo [0;+inf[.
ARTE: un professore, uno solo che vince ad occhi chiusi il concorso “miglior docente del mondo”. Cinque anni fa ritenevo l’arte una cosa semplice: guardi un quadro, decidi se è bello o meno, stop. Ora osservo solo l’arte, per le strade delle città. È riuscito, questo professore, a trasformarmi del tutto. Prima lezione del primo anno: “ragazzi, sappiate che l’arte è lo specchio del tempo”; insegnamento mai dimenticato. Qui davvero ogni parola è superflua; gli occhi lucidi del professore mentre ci descriveva l’affresco del Cristo nel Battistero in Piazza Duomo a Firenze parlano da soli. È grazie a lui se Firenze è ormai la mia città preferita. A mani basse, y=x^2.
SCIENZE: tre professori diversi, rispettivamente primo anno, secondo e terzo anno, quarto e quinto anno. “La scienza non ci spetta”, anche con gli esami. Eppure, soprattutto negli ultimi due anni ho imparato molto, ho recuperato lacune che avevo creato e addirittura ho spiegato argomenti della materia ad una classe intera. Per l’ultimo (non per importanza) professore, stesso discorso della precedente materia. Non abbiamo avuto cinque anni per innamorarci delle scienze, però quei cinque minuti di ogni fine ora sono serviti a molto. y=(4-x)^2+1.
EDUCAZIONE FISICA: unico professore, tra “PAL o ACE?”, molti spalti assegnati senza apparente motivo, puntini e karaoke. E UdA in lingua, non possiamo dimenticarlo. Nulla da dire qui, nulla da segnalare. Una qualunque retta parallela all’asse delle ascisse va bene.
RELIGIONE: unico professore anche qui; una vecchia conoscenza, addirittura dai tempi delle elementari. Tante discussioni intraprese, lezioni sempre dinamiche, anche se il 30% delle ore di religione era sfruttato per fare compito e il 50% per studiare fotocopie. Questa forma di crudeltà è stata perfettamente bilanciata dal restante 20%, che è stato molto formativo, sotto tutti i punti di vista.
Finite le materie, giusto un piccolo appunto: in seguito a qualche evento importante accaduto nel mondo, la mattina a scuola i professori decidevano di non fare la canonica lezione per poter parlare di ciò che era successo. L’hanno fatto tutti, persino i docenti di materie scientifiche, tranne una. La più indicata, tra l’altro. È stato troppo facile nascondersi dietro “un programma troppo vasto per fermarsi”; lì, in quell’ambito, non sono cresciuto per niente.
E a te, mio caro e audace lettore che sei arrivato fin qui nella lettura (a meno che il tuo sguardo non si sia soffermato su questo punto, scrollando velocemente il post), dico grazie: un grazie immenso per avermi dato fiducia e aver letto tutto questo excursus così pieno e così vuoto. Sarò disposto a parlarne a voce, per eventuali chiarimenti. E se cerchi risposte, ricorda, la Risposta alla Vita, l’Universo e il Tutto è “Math”. M è la tredicesima lettera dell’alfabeto, A la prima, T la ventesima, H l’ottava. 13+1+20+8=42. 42 è la risposta.
Tornando al topic principale, ho parlato del mio voto finale: 100.
Cinque anni di sacrifici, gioie, affanni, divertimento, in un numero. Eppure, quello non è altro che un numero, e io ne preferisco altri di numeri. Numeri che ricorderò più volentieri, numeri che formano un unico grande concetto che va oltre il mero Esame di Stato. In particolare, è mio dovere e onore menzionare:
Diciannove sopravvissuti alle vicissitudini del Liceo;
Quattro amicizie fuori dalla classe che mai e poi mai potrai rimuovere;
Sette gruppi creati all’interno delle varie offerte formative, che ormai sono come seconde classi, o addirittura seconde famiglie;
Sette (più uno) professori che hanno reso il quinto anno di Liceo indimenticabile;
Due istruttori, uno interno e uno esterno, sempre presenti per permettere al Liceo di continuare a fare la storia del Teatro;
Nove collaboratori scolastici (in particolare) pronti ad ascoltarti, a parlarti, a non stancarsi mai di sentire storie nuove;
Cinque spettacoli teatrali, uno più significativo dell’altro;
Venticinque certificati e/o attestati da curriculum (le partecipazioni sono escluse);
Sette borse di studio, tutte per merito;
Una iscrizione all’Albo Nazionale delle Eccellenze Matematiche, ottenuta in seguito ai successi conseguiti nell’ambito delle gare matematiche;
Undici destinazioni, tra gite e finali di gare di matematica (e il viaggio è fondamentale, a questa età);
Una domanda lasciata senza risposta (ne ho parlato prima, ma era doveroso ripeterlo);
Un anno completamente dimenticato, il secondo, per cause che vanno sempre più affievolendosi.
La somma di tutti questi numeri conferisce come risultato cento. È questo, il mio cento. Sono loro, il mio cento. Non è un esame che fa di me una persona migliore, ma ciò che ho passato, che ho vissuto. Ciò che davvero mi ha insegnato a crescere e ad evolvermi. Sono orgoglioso di questi cinque anni, li porterò per sempre nel cuore, ma ora è il momento di voltare pagina, di guardare avanti; il mio viaggio non si è concluso, la meta ora cambia; nonostante tutto, terrò per sempre con me le foto scattate in quelle terre, terre di ghiaccio e fuoco, di gelo e di forte calore.
Grazie di cuore a tutti.
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“E la tua fidanzata? Non l’hai conosciuta proprio grazie ad un viaggio d’istruzione organizzato dal Liceo? Non l’hai citata nel conteggio del cento.”
Lei è la mia lode, il mio massimo assoluto in quella funzione non lineare che esprime il percorso del Liceo.
Nuovamente, grazie a tutti. Millesettecentocinquanta parole.
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